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Itinerario Domenicano

Tracciare un Itinerario Domenicano in Emilia-Romagna significa ripercorrere, di fatto, i primi passi del domenicanesimo e la direttrice principale della sua diffusione che – per quanto riguarda la penisola italiana – coincide anche con una delle più importanti vie di comunicazione dell’epoca: la via Emilia.

La storia dei conventi sorti a partire dal 1218 in Emilia-Romagna può essere suddivisa in due periodi: il primo comprende le fondazioni realizzate da San Domenico e dai suoi confratelli tra il ‘200 e il ‘300, mentre il secondo riguarda tutte quelle altre fondazioni più o meno importanti patrocinate da signori o da comunità locali tra il ‘400 e il ‘500. Precisato ciò, in questa breve proposta di itinerario faremo riferimento solo ai luoghi afferibili al primo periodo e cioè di quelle chiese e di quei conventi principalmente istituiti e fondati direttamente dal Santo o dai suoi primi seguaci. Un percorso di questo tipo non può quindi che partire da Bologna.

Come infatti narra la sua biografia, San Domenico dall’approvazione della Regola da parte di Papa Onorio III ben presto volle trasferirsi nella vivace e dotta Bologna, attirato anche dalla presenza dell’importante Università. Qui istituì quello che diverrà uno dei principali centri di cultura e predicazione domenicana in Italia e nel mondo e, sempre qui a Bologna, poco prima di morire condusse personalmente i primi due importantissimi Capitoli dell’ordine. Questo primo convento fondato inizialmente su un preesistente edificio dedicato a San Nicolò, è oggi conosciuto come Complesso di San Domenico e rappresenta uno dei fulcri di propagazione dell’attività domenicana. Oltre a meritare una visita approfondita per le bellezze storico-artistiche racchiuse (a partire dall’opera mirabile di Niccolò dall’Arca che progetto e scolpì la tomba del Santo), il Complesso di San Domenico rappresenta oggi anche un esempio di attualizzazione nella contemporaneità dell’azione domenicana sempre volta al confronto dialettico e all’incontro. Il Centro domenicano, infatti, oltre ad essere meta di pellegrinaggi e visite (nella Chiesa sono conservate le spoglie del Santo), è un organismo perfettamente inserito nella vita cittadina di cui ne arricchisce la crescita socio-culturale anche grazie a un seguitissimo programma di conferenze e incontri di caratura nazionale e internazionale.

La diffusione del domenicanesimo, tuttavia, ben presto fuoriuscì dalle mura bolognesi arrivando a raggiungere in modo capillare tutte le principali città della regione. Ecco allora che in una velocissima sequenza di fondazioni nell’arco di mezzo secolo i domenicani istituirono in molte città emiliano-romagnole propri presidi, presidi che possono rappresentare altrettante tappe di un itinerario. Fra Bonviso, per esempio, creò il convento di S. Giovanni in Canale a Piacenza nel 1223, la stessa cosa - nello stesso anno - avvenne anche a Faenza (anche se la sede definitiva fu stabilita solo successivamente presso la chiesa di Sant’Andrea). Ancora: testimonianze certe parlano di una comunità di domenicani presente a Reggio nell’Emilia già dal 1235, mentre a Modena nel 1243 fu il vescovo domenicano Alberto Boschetti a donare all’ordine un convento. Anche Parma dette una sede definitiva ai frati predicanti nel 1246, mentre San Nicolò di Imola è del 1245. A Forlì i domenicani fondarono San Giacomo già dal 1230. A Cesena invece saranno presenti solo dal 1250 mentre a Ravenna dal 1253. Il comune di Rimini, infine, nel 1254 concede a fra Giovanni la chiesa di S. Cataldo mentre nel 1274 nasce il convento di S. Domenico a Ferrara.

In questo modo e con estrema rapidità, i Domenicani in mezzo secolo si stabilirono in tutti i centri principali della regione. Ecco perché un itinerario domenicano in Emilia-Romagna coincide praticamente con tutte le principali città e capoluoghi di provincia da Piacenza a Rimini.

Questo fatto non deve stupire in quanto derivato direttamente dalla natura stessa del domenicanesimo. E cioè il fatto di avere come primo mandato l’attività di predicazione volta alla conversione soprattutto nei riguardi di quelle “eresie” (Albigesi e Catari in testa) che – con forte impulso – in quegli anni attecchivano in modo così efficace proprio nei contesti cittadini più colti e raffinati dell’Italia del Nord. Nei confronti di queste eresie, secondo il mandato originario, il domenicanesimo avrebbe dovuto rappresentare proprio quell’alternativa non violenta alla conversione degli “eretici” a cui, tuttavia e ben presto, l’intrapresa di una vera e propria sanguinosa crociata porrà drammaticamente fine.